Paolo Brunello show: “Basta confusione tra produttori e imbottigliatori di Grappa”

“Finiamola con questa ipocrisia: chiarezza legislativa ed orgoglio culturale per il distillato nazionale”

“Il mondo del vino distingue produttori e imbottigliatori in etichetta, con la scritta ‘prodotto all’origine dalla cantina…’ oppure ‘imbottigliato da…’. Facciamolo anche per la Grappa”. Parola di Paolo Brunello, titolare della più antica distilleria artigianale d’Italia, la Fratelli Brunello di Montegalda (VI), fondata nel 1840.

La posizione di Brunello, espressa durante la Craft Distilling Italy 2020 lo scorso 27 ottobre, non lascia spazio ad interpretazioni: “Occorre rifare completamente la normativa ed avere il coraggio di rompere questa, mi permetto di dire, ipocrisia che sovrasta il mondo della grappa. Me ne assumo tutte le responsabilità”.

Dobbiamo sconfiggere questo alone di dubbio che sovrasta il mondo della grappa, dobbiamo rispetto al consumatore. È lui che acquista i nostri prodotti e deve avere chiarezza e certezza di ciò che beve”.

La legislazione vigente, infatti, consente la denominazione “distilleria” tanto a quelle realtà che distillano il proprio prodotto, quanto a quelle che operano come liquorificio o anche semplicemente come imbottigliatori. Serve quindi una revisione che dia al consumatore “la certezza che una grappa sia prodotta da colui che la immette sul mercato. Diamo a Cesare quel che è di Cesare”.

Più garanzie e tutele per il consumatore dunque, per costruire il futuro della grappa artigianale. Un futuro figlio di una tradizione che affonda le radici nella storia e nel territorio.

Un concetto tanto caro a Bruno Pilzer, ‘grappaiolo’ titolare, con il fratello Ivano, della Distilleria Pilzer in Val di Cembra (TR), nonché presidente dell’Istituto di Tutela della Grappa del Trentino e collaboratore della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, in qualità di maestro distillatore.

“Dobbiamo essere un po’ presuntuosi – ha affermato Pilzer – e dire ‘esiste la grappa ed ha un posto d’onore nella nostra cultura‘”. Affermazione che racchiude il valore del distillato nazionale.

Valore fatto dalla stessa materia prima: quella vinaccia figlia della grande viticoltura italiana, che occorre conservare e fermentare opportunamente per preservarne gli aromi, nel delicato di processo di distillazione.

Un groviglio di lamiere chiamato alambicco, in cui l’artigiano diventa anche un po’ ingegnere, per perfezionare lo strumento del mestiere, ed un po’ chimico, per estrarre opportunamente quei profumi che la natura ha (ri)posto nella vinaccia. E poi il valore del tempo, nell’attesa che la grappa si affini in acciaio piuttosto che si elevi in legno.

Sono tutti aspetti che, sommati insieme, ti danno un valore enorme, valore che magari altri distillati non hanno. Eppure – chiosa ancora Bruno Pilzer – spesso ci ‘passano davanti’ altre tipologie di distillato più semplici da produrre. Perché non considerare la grappa come prodotto che abbia una storia da raccontare?”.

QUALE FUTURO PER LA GRAPPA?

La grappa è cresciuta molto negli ultimi anni a livello qualitativo, sotto la spinta di artigiani che hanno investito tempo, passione e risorse. Un prodotto in grado oggi di confrontarsi ad armi pari coi blasonati spirits stranieri, spesso figli di multinazionali, forti della loro capacità nel mondo della comunicazione del marketing.

Il futuro della grappa passa quindi dalla valorizzazione del suo contenuto culturale ed organolettico. Grande “alleato”, in questo senso, è il consumatore moderno. Sempre più attento e alla ricerca dei valori dell’artigianalità. Un consumatore che, a sua volta, si fa portavoce e promotore del prodotto.

È piacevole – aggiunge Pilzer – ascoltare questo consumatore e provare a seguire la proprio idea, cercando di adattarla alla concezione di chi poi dovrà consumare il tuo prodotto. Questo è un cambio epocale. Una volta ti dicevano ‘questa è la grappa’, punto e basta”.

Il distillato nazionale può giocare le sue carte anche nella mixology, senza snaturarsi. “Devono essere gli artisti della miscelazione – sottolinea Paolo Brunello – a saper scegliere le migliori grappe artigianali, per offrire dei cocktail straordinari. Non dobbiamo noi commettere l’errore di andare ad inseguire sogni che non fanno parte della nostra tradizione”.

Grappa che, tuttavia, necessita di una revisione normativa che non solo porti chiarezza in etichetta, ma snellisca anche il complesso palinsesto burocratico fatto di controlli e registrazioni.

Un percorso che “alleggerito”, magari con l’ausilio della tecnologia, renderebbe il lavoro degli artigiani più “agile”. E, si spera, stimoli le nuove generazioni a cimentarsi col mondo della distillazione. Senza l’angoscia dell’ispezione e della sanzione.

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